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Monastero di Santa Maria di Montevegine

Il Convento è localizzato nella zona alta del Centro storico di Salerno, nel cosiddetto Rione Sant’Antonio, che comprende l'antica area del Plaium Montis e prende il nome dall'antica chiesa di Sant'Antonio. Il complesso conventuale di Montevergine comprende una Chiesa, la cui facciata laterale è a ridosso di un antico muro di cinta longobardo della città, e un convento, che oltre al blocco delle residenze e dei servizi, comprende un chiostro e due giardini. L’edificio, in muratura portante, ha subìto negli ultimi 50 anni, numerosi rifacimenti in calcestruzzo armato.

Nel 957 viene fondata la Chiesa di S. Maria de Dominabus, mentre nel sec. XI si ascrive la costruzione del Monastero di S. Maria Monialium. In un atto del 1094, si legge che il Monastero di S. Maria Monialium è di proprietà del Conte Sicone, giudice di Salerno tra il 1065 e il 1085, che avrebbe fondato e dotato il Monastero insieme al Monastero di S. Maria Maddalena. Ereditato dal figlio Bertegario che, deceduto senza eredi, lascia il monastero alle sorelle. Nel 1574 l’arcivescovo di Salerno Marco Antonio Marsilio Colonna, in visita pastorale, raccomanda di fare le grate nel parlatorio e di murare alcune porte e finestre. Poco più tardi, sempre l’arcivescovo di Salerno, durante la sua visita al monastero, dispone che entro un giorno si devono fabbricare le finestre nel dormitorio che affacciano sulla strada che porta ai Cappuccini (Convento di Santa Maria della Consolazione).

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Nella sua postuma visita pastorale, nel 1587, l’arcivescovo ordina di murare la finestra della cella di una certa monaca, dalla quale è facile vedere il monastero di S. Francesco e la via che conduce ai Cappuccini, così come di murare la finestra del campanile che guarda verso la Regia Udienza. Nel 1589 con decreto di papa Sisto V, in seguito alla riforma dei monasteri femminili, il monastero viene abbandonato per la prima volta e viene ordinato alle monache di trasferirsi, con le altre benedettine, nel monastero di S. Giorgio. In realtà, per motivi non precisati, ciò non avvenne, per cui, il 4 novembre successivo troviamo che esse si erano portate nel S. Michele Arcangelo, lasciato libero dalla precedente comunità. In seguito alla Bolla di Papa Innocenzo X sull’Instaurandae regularis disciplinae per la soppressione dei piccoli monasteri in città, il monastero viene soppresso, forse per lo scarso numero di religiosi e una Bolla assegna parte delle rendite del monastero al Capitolo della Cattedrale.

Nel settecento, a seguito di alcuni anni di abbandono, i locali dell’antico convento vengono di nuovo utilizzati ed occupati dal Conservatorio Femminile “Maria SS. di Montevergine”, infatti nel 1728 con la Bolla dell’Arcivescovo Paolo de Vilana Perlas viene istituito il Conservatorio delle Pentite.

Nell’ultimo secolo la storia del monatero di Santa Maria di Montevergine vede una parabola discendente. Nel 1900 viene dato in gestione all’ordine delle figlie di Sant’Anna che accolgono bambine e giovinette bisognose. Indagini relative al monastero, intorno agli anni trenta, descrivono un prospetto ovest con una cella campanaria, ormai non più esistente, collocata nella parte superiore della facciata, in corrispondenza dell’ingresso principale. Si notano anche la presenza delle aperture che sono state murate successivamente e di cui oggi possiamo leggerne la sagoma in seguito a fenomeni di degrado differenziale delle murature. Notiamo, inoltre, l’assenza di quello che oggi chiamiamo ‘giardino occidentale’ di pertinenza del convento, presupponendo la presenza di uno spiazzale più ampio in corrispondenza dell’ingresso principale. Dopo anni di peripezie e calamità naturali, nel 1997 l'arcivescovo conferisce procura ad una agenzia immobiliare per la vendita del complesso notificando lo sfratto alle ragazze madri di Casa Betania, che occupavano un’ala dell’edificio fino al 2012 quando viene emesso il permesso di costruire da parte del Comune di Salerno, che consente la trasformazione dell'edificio in civili abitazioni.

l'ecodeichiostri MANIFeST: 

 

L’eco dei chiostri è un viaggio nel cuore degli antichi conventi salernitani, nostra terra di indagine e lavoro, un viaggio fatto di splendori e successivi abbandoni, un viaggio che possa far rivivere le antiche insulae conventuali all’interno e intorno ai chiostri. Sembra quasi di risentire oggi le voci oranti e i canti gregoriani dei monaci che li hanno abitati; sembra che quei muri oggi distrutti siano ancora pronti a farsi affrescare da abili mani; sembra che quelle stanze umili siano ancora adatte alla preghiera e al raduno; sembra che quei complessi, più o meno grandi e maestosi, possano ancora oggi continuare ad essere delle isole di resistenza contro la frenesia della società contemporanea; sembra che possano ancora fermare il tempo anche se il tempo su di loro è invecchiato troppo in fretta, tanto che oggi ne sentiamo solo un’eco lontana. Il convento di Santa Maria della Consolazione, il Monastero di Santa Maria di Montevergine, quello di San Domenico e gli altri vorrebbero essere rivissuti oggi dall’uomo contemporaneo che ha il difficile compito di trasformare quell’eco lontana in una voce limpida e forte per l’uomo di oggi e di domani. Per questo motivo L’eco dei chiostri vuole essere una risposta concreta all’abbandono e alla dimenticanza di luoghi troppo carichi di memoria storica per essere dimenticati, dimostrando come un’altra strada a musei dell’abbandono a cielo aperto possa essere possibile e percorribile oggi

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