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Complesso di San Benedetto


Il complesso di San Benedetto si colloca nel quartiere salernitano noto come Orto Magno, situato nella parte orientale della città destinato a zona agricola. Vi si stabilirono i Benedettini, già presenti nell' 868, che diedero vita ad un attivo scriptorium e ad un centro di quella cultura scientifica da cui trasse origine la Scuola medica salernitana. Qui sorse, tra il VII e il XI secolo, l'abbazia di San Benedetto e vicino anche la chiesa di San Michele, tipico esempio di chiesa nobiliare di epoca longobarda. Tra queste due chiese si trova anche la chiesetta di San Martino della Palma, conosciuta oggi come Sant'Apollonia.

L’ex Abbazia di S. Benedetto fu edificata presso le mura orientali della città, Le notizie inerenti alle origini di questa abbazia non sono chiare, a causa della scarsezza e discordanza delle fonti.

Secondo il Mazza la sua fondazione risale all’ anno 694, per volere di Cesario Console, patrizio romano.

Nel 938 viene indicato e segnalato con la sua ubicazione da qui la denominazione di Monastero di S. Maria e S. Benedetto. Successivamente le notizie si arricchiscono di eventi importanti. Infatti sembra che lo scriptorium benedettino sia stata la sede in cui è stato elaborato il Cronicon Salernitanum, tale importanza fa sì che l’imperatore Ottone II, nel 976, confermi la supremazia del Monastero di S. Benedetto su tutti gli altri monasteri, chiese, celle e beni sparsi nel Principato e nelle Calabrie.

Durante gli anni, intorno al 1005, in cui si intensificò l’urbanizzazione del quartiere intorno al monastero, il complesso di San Benedetto insieme alla chiesa di San Massimo e al Monasteri di San Lorenzo de Monte assumono la figura giuridica di concessionari dell’acqua, che rivendevano ai privati. A testimonianza di ciò, le evidenze architettoniche dei due acquedotti: l’Alto ed il Basso. Per approvvigionare d’acqua il monastero, è stato eretto nel IX secolo l’acquedotto medievale di Salerno. Tra il XIII e il XIV secolo, si verificano violenti terremoti, che spingono gli abati a concentrarsi più che altro sui recuperi degli ambienti necessari alla vita monastica.Nel XV secolo furono eseguite notevoli opere di abbellimento. Il chiostro fu arricchito, nel piano terra, di un elegante porticato, in marmo venato bianco di Carrara, nel piano sovrastante di un loggiato coperto, con altre simili colonne, erette in corrispondenza di quelle del pianterreno, in maniera da risultare un complesso architettonico dignitoso e decoroso. Le generali condizioni di decadimento di Salerno nel 1600 coinvolsero anche il Monastero, del cui antico splendore non rimaneva altro che il ricordo, a causa dei tempi mutati e del suo successivo passaggio ad altre congregazioni, non più rigidamente osservanti della originaria regola Benedettina. Il Convento ebbe vita fino ai principi del XIX secolo, ma con la legge di Giuseppe Napoleone del 13 febbraio 1807, anch’esso rimase abolito e i frati che lo abitarono furono costretti ad abbandonare la loro sede millenaria. Tra il 1959 e il 1964 iniziano i lavori per i restauri di San Benedetto Piccolo e la localizzazione del Museo Archeologico Provinciale. Si tratta di lavori di consolidamento e messa in sicurezza ma anche di attenta analisi sia storica che formale delle strutture. La conversione in Museo Archeologico Provinciale porta la firma del Prof. Venturino Panebianco e dell’Arch. Ezio De Felice, che curerà anche il restauro dell’omonima chiesa.

l'ecodeichiostri MANIFeST: 

 

L’eco dei chiostri è un viaggio nel cuore degli antichi conventi salernitani, nostra terra di indagine e lavoro, un viaggio fatto di splendori e successivi abbandoni, un viaggio che possa far rivivere le antiche insulae conventuali all’interno e intorno ai chiostri. Sembra quasi di risentire oggi le voci oranti e i canti gregoriani dei monaci che li hanno abitati; sembra che quei muri oggi distrutti siano ancora pronti a farsi affrescare da abili mani; sembra che quelle stanze umili siano ancora adatte alla preghiera e al raduno; sembra che quei complessi, più o meno grandi e maestosi, possano ancora oggi continuare ad essere delle isole di resistenza contro la frenesia della società contemporanea; sembra che possano ancora fermare il tempo anche se il tempo su di loro è invecchiato troppo in fretta, tanto che oggi ne sentiamo solo un’eco lontana. Il convento di Santa Maria della Consolazione, il Monastero di Santa Maria di Montevergine, quello di San Domenico e gli altri vorrebbero essere rivissuti oggi dall’uomo contemporaneo che ha il difficile compito di trasformare quell’eco lontana in una voce limpida e forte per l’uomo di oggi e di domani. Per questo motivo L’eco dei chiostri vuole essere una risposta concreta all’abbandono e alla dimenticanza di luoghi troppo carichi di memoria storica per essere dimenticati, dimostrando come un’altra strada a musei dell’abbandono a cielo aperto possa essere possibile e percorribile oggi

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